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18/10/2005

Lezioni di matematica dagli scritti di Èvariste Galois

Presentazione nella sezione 'Scuola' del sito dell'Enciclopedia Italiana Treccani della ricerca sulla figura e gli studi di Evariste Galois su cui si basa la trilogia di Margherita Barile e Sergio De Nuccio 'Lezioni di matematica dagli scritti di Èvariste Galois'.

Il 18 ottobre 2005 Sergio De Nuccio e Margherita Barile presentano la propria ricerca sulla figura e gli studi di Evariste Galois, su cui si basa la trilogia "Lezioni di matematica dagli scritti di Èvariste Galois", nella sezione "Scuola" del sito dell'Enciclopedia Italiana Treccani. Riportiamo qui di seguito tale intervento.

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Algebra: la rivoluzione di Galois

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C’è una enorme distanza che separa la nostra visione della matematica da quella degli inizi del XIX secolo. A questo proposito, è utile citare un passo della Prefazione che Jean Dieudonné scrisse per l’edizione del 1962 delle opere di Galois:
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\ La sua insistenza sul carattere concettuale della matematica, la sua avversione per i lunghi calcoli che mascherano le idee guida, la sua preoccupazione di raggruppare i problemi secondo le loro profonde affinità di struttura, piuttosto che per il loro aspetto superficiale, tutto ciò ora ci è familiare; ed è così sorprendente che le sue memorie siano per noi molto più chiare che le involute trattazioni che cedettero di doverne dare i suoi immediati successori.
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Il carattere concettuale
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Il matematico dei giorni nostri non prova difficoltà di fronte alla concisione formale, perché è abituato alla concisione concettuale, la sua formazione gli ha insegnato a ragionare per categorie generali. Ciò non era sicuramente vero per i contemporanei di Galois. Le misteriose astrazioni dell'algebra, di cui parla Liouville sono, nel caso di Galois, racchiuse nell'idea di associare a ogni equazione algebrica un gruppo di permutazioni, e di stabilire, sulla base delle proprietà strutturali del gruppo, se l'equazione è o meno risolubile per radicali. Liouville, rivolgendosi allo storico della matematica Guglielmo Libri, dirà che la classificazione delle equazioni di grado primo risolubili per radicali effettuata da Galois «è al contempo corretta e profonda». In una memoria del 1902, il suo allievo Joseph Bertrand, a proposito di Liouville, riferirà però:
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\ L'ho sentito dichiarare che la prova era facilissima da capire. Quando mi vide compiere un gesto di stupore, aggiunse: è sufficiente dedicarvi un mese o due, senza pensare ad altro.
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Bertrand ci narra che, per approfondire l'opera di Galois, Liouville aveva invitato alcuni suoi allievi e amici a seguire una serie di lezioni da lui preparate sull'argomento. Tra gli spettatori v'era anche Joseph Alfred Serret, che avrebbe successivamente rielaborato il materiale nel suo Cours d'Algèbre Supérieure, in gran parte dedicato alla moderna teoria delle equazioni. Nella terza edizione, il Capitolo V, intitolato Sur les équations résolubles algébriquement, si apre con la sezione Recherches de Galois, basata sull'edizione di Liouville. Seguono le sezioni che riportano i successivi contributi di Charles Hermite e Leopold Kronecker. Di quest'ultimo Serret riporta testualmente una memoria indirizzata il 20 giugno 1853 alla Classe di Scienze Matematiche e Fisiche dell'Accademia di Berlino. In essa il matematico tedesco si propone di completare il lavoro compiuto da Galois e da Abel sui criteri di risolubilità per radicali. A questo proposito, dobbiamo leggere, ancora una volta, un commento del solito tenore:
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\ [...] a dire il vero, questi due criteri non fornivano la benché minima luce sulla natura stessa delle equazioni risolubili. [ ... ] Aggiungiamo che quei due famosi teoremi di Abel e Galois sulle equazioni risolubili erano più adatti a nasconderne la vera natura che a svelarcela.
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Il matematico norvegese Niels Henrik Abel, anch'egli morto in giovane età, aveva provato, indipendentemente da Galois, l'irresolubilità per radicali dell'equazione generale di quinto grado. Un'altra dimostrazione era stata data da Paolo Ruffini. Entrambi, come Galois, avevano anche studiato il problema per un'arbitraria equazione.
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\ L'avversione per i lunghi calcoli
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Nel Discorso preliminare alla sua Memoria, Galois ci spiega:
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\ Se ora voi mi date un'equazione che avrete scelto a piacere, e di cui vorreste sapere se è o no risolubile per radicali, non dovrei fare altro che indicarvi il modo di rispondere alla vostra domanda, senza voler incaricare né me stesso, né alcuno di farlo concretamente. Infatti, i calcoli sono semplicemente impraticabili.
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E proprio in quest'ultima osservazione si cela la provocazione di Galois: egli stabilisce un criterio generale di risolubilità che non include un effettivo metodo risolutivo. E ciò spiazza i matematici dell'epoca: occorre considerare che, da Cartesio in poi, e fino ad allora, l'algebra era vista come un modo operativo, fatto di astuzie formali atte a semplificare, a ricavare in modo elementare un risultato da un insieme complesso di dati. Tale registro algebrico permetteva sì di classificare e di pervenire a un certo grado di generalità, ma solo nei limiti in cui i numeri erano sostituiti da simboli letterali. La classificazione delle equazioni algebriche avveniva in maniera piuttosto grossolana, soprattutto in base al grado, e non evitava lunghe elencazioni dei diversi casi, e dei relativi metodi risolutivi, come nelle opere cinquecentesche di Gerolamo Cardano e François Viète. La semplificazione perseguita nella risoluzione delle equazioni algebriche consisteva essenzialmente nell'abbassamento del grado (che sta alla base della ricerca delle cosiddette risolventi) e/o nell'eliminazione di termini (fino al caso ideale dell'equazione binomia). Questa è ancora l'impostazione di Joseph‑Louis Lagrange e di Carl Friederich Gauss, tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento, ed è, in fondo, antica quanto l'uomo. Ed è quella che Lacroix e Poisson si sarebbero aspettati dal lavoro di Galois, come essi dichiarano nella loro relazione:
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\ La condizione di risolubilità, se esiste, dovrebbe avere un carattere esterno da poter verificare esaminando i coefficienti di una data equazione o, tutt'al più, risolvendo altre equazioni di grado minore di quello dell'equazione da risolvere.

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Per capire la portata delle idee di Galois nel contesto scientifico dell'epoca, occorre tenere presente il punto di vista espresso dallo stesso nella Prefazione alle sue due memorie di analisi pura di cui aveva programmato la pubblicazione e che rappresenta una vera e propria dichiarazione di intenti metodologica:
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\ I lunghi calcoli algebrici sono stati dapprima poco necessari al progresso della Matematica, i teoremi erano così semplici che non valeva quasi la pena di tradurli nel linguaggio dell'Analisi. È solo a partire da Eulero che questa lingua più concisa è diventata indispensabile alla nuova estensione che questo grande geometra ha dato alla scienza. Da Eulero in poi i calcoli sono divenuti sempre più necessari, ma sempre più difficili, mano a mano che essi si applicavano ad oggetti di studio più avanzati. Fin dall'inizio del secolo, l'algoritmo aveva raggiunto un tale grado di complicazione che ogni ulteriore progresso era divenuto impossibile per quella via, senza l'eleganza che i geometri moderni hanno saputo conferire alle proprie ricerche, e per mezzo della quale la mente afferra prontamente, in un colpo solo, un gran numero d'operazioni. È evidente che l'eleganza tanto giustamente vantata non ha altro scopo che questo. Dal fatto ben assodato che gli sforzi dei geometri più avanzati hanno per oggetto l'eleganza, si può dunque concludere con certezza che sta diventando sempre più necessario abbracciare più operazioni alla volta, perché la mente non ha più il tempo di soffermarsi sui dettagli. […]
\ Saltare a piè pari i calcoli; raggruppare le operazioni, classificarle secondo le loro difficoltà e non secondo le loro forme; questa è, secondo me, la missione dei geometri futuri; questa è la via per la quale sono entrato in quest'opera.
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Il matematico francese Jacques Hadamard, un secolo più tardi, riassumerà il metodo di Galois con le seguenti parole:
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\ Nella teoria di Galois, non ci si preoccupa dei modo di esprimere le diverse quantità calcolate in funzione delle radici, ma unicamente della ripercussione che la loro conoscenza ha sulle proprietà dell'equazione .
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Raggruppare per affinità di struttura
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La parola gruppo deriva proprio da questa azione. In effetti, Galois non è il primo a considerare gruppi: lo avevano fatto prima di lui Lagrange (gruppi simmetrici) e Gauss (gruppi ciclici delle radici n‑esime dell'unità). In questi casi, però, si trattava sempre di insiemi formati da una totalità di elementi (tutte le permutazioni di n lettere, tutte le radici n‑esime dell'unità). Galois, invece, considera i gruppi formati da certe permutazioni di n lettere (sottogruppi): se un'equazione ha n radici, Galois considera solo le permutazioni che scambiano tra loro radici coniugate. Questo gruppo diventa allora diverso da equazione a equazione, e può variare anche se il grado è lo stesso: in ciò si coglie la classificazione più fine operata da Galois rispetto all’algebra dei suoi predecessori. Da qui deriva l'importanza di richiedere, a questi gruppi più generali, la chiusura rispetto all'operazione, che nei casi studiati da Lagrange e Gauss era implicita nel tipo di insieme considerato. La definizione di gruppo sarà considerata dal matematico norvegese Sophus Lie la più grande rivoluzione nella geometria dall'introduzione della geometria analitica. Sino allora, dice Lie, «I progressi della geometria si riallacciavano più a un'applicazione sistematica dell'analisi alla geometria, che all'introduzione di nuove geometrie». Con ciò venivano trascurati gli aspetti discreti della geometria e le sue proprietà di classificazione qualitativa.
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\ Gli immediati successori
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Le perplessità intorno agli scritti di Galois sono limitate ai primi anni successivi alla sua morte. Le sue lungimiranti intuizioni non tardano infatti a prendere piede in matematica ed essere universalmente accettate. Alla fine del secolo, la matematica, e in modo particolare l'algebra, si sono completamente rinnovate, soprattutto nel linguaggio e nel tipo di oggetti studiati. Nel 1893 il matematico tedesco Heinrich Weber pubblica un articolo in cui, per la prima volta, le strutture algebriche astratte vengono presentate sotto la voce di teoria di Galois. Il lavoro riguarda, oltre ai gruppi, i campi, detti campi delle forme, che nascono nell'opera di Galois come estensioni dei razionali ottenute aggiungendo le radici del polinomio considerato. Come la trattazione di Weber affondi le radici nella teoria delle equazioni algebriche emerge chiaramente, del resto, dalla forma in cui vengono proposti gli assiomi di gruppo. L'operazione viene detta composizione, e anziché l'esistenza dell'elemento neutro e l'invertibilità di ogni elemento, vengono enunciate le leggi di cancellazione e la seguente proprietà: l'equazione AB = C, in cui due lettere sono elementi assegnati del gruppo, e la restante lettera è l'incognita, ammette sempre una e una sola soluzione. L'idea di gruppo è ancora saldamente attaccata a quella dell'algebra tradizionale, intesa come elaborazione di espressioni finalizzata alla semplificazione formale. Lo stesso Weber, nell'introduzione, presenta l'argomento del suo lavoro ricollegandolo al calcolo letterale, dal quale però vuole allontanarsi, per pervenire ad un ulteriore grado di astrazione e generalità rispetto al campo delle operazioni aritmetiche tra numeri:
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\ Nel seguito viene effettuato il tentativo di giustificare la teoria di Galois delle equazioni algebriche in modo da comprendere, per quanto possibile, tutti i casi in cui questa teoria è stata applicata. Essa risulta qui come immediata conseguenza dei concetto di gruppo esteso al concetto di campo, come una legge formale che non tiene minimamente conto dei significato numerico degli elementi impiegati. Questa giustificazione è pertanto anche dei tutto indipendente dal teorema fondamentale sull'esistenza di radici. Rispetto a questa visione la teoria appare, naturalmente, come puro formalismo, che acquista vita e contenuto solo tramite la sostituzione dei singoli elementi con valori numerici. Per contro questa forma è applicabile a tutti i casi possibili, in cui valgano le ipotesi formulate, casi che attingono, da un lato, alla teoria delle funzioni, dall'altro, alla teoria dei numeri.
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Lo spirito di Galois ha finalmente preso corpo. D'altra parte, nel corso dell'Ottocento, altri matematici illustri, come Enrico Betti e Camille Jordan, avevano voluto raccogliere, nelle loro opere, l'eredità di Abel e Galois.
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Autori

Barile Margherita

Nuccio Sergio De